Intervento ad Ecomondo 2013 – “Schemi di certificazione: Carbon Footprint, LCA, Environmental Product Declaration”

MR Energy Systems ad Ecomondo 2013 con un intervento che illustrerà all’audience in quale modo sia possibile valorizzare commercialmente i propri prodotti, raggiungendo allo stesso tempo importanti risultati in termini di riduzione degli impatti ambientali.

06/11/2013 – 14:30 -17:00  Memo
Luogo: Sala Girasole Hall Est lato pad.D7
CITTA´ SOSTENIBILE – Convegno

Edilizia Materiali Qualità Certificazione

A cura di GreenProducts

Ottimizzare il rapporto fra edificio, energia, ed ambiente, rientra nelle finalità dei vari protocolli di qualità e certificazione, conseguentemente i singoli materiali impiegati nella costruzione devono corrispondere a determinati requisiti di sostenibilità.

Programma
Ore 14.00 | Registrazione
Ore 14.30 | Inizio lavori
Prospettive e scenari futuri della certificazione LEED
Mario Zoccatelli – Presidente GBC Italia
Schemi di certificazione: Carbon Footprint, LCA, Environmental Product Declaration
Mauro Roglieri – MR Energy Systems srl – Consigliere GBC Italia
L´evoluzione e la scelta dei materiali nei grandi cantieri LEED
Stefano Ferri – Presidente Polistudio – Consigliere GBC Italia
Qualità Ambientale Interna: requisiti per i materiali basso-emissivi
Francesco Balducci – Responsabile di Laboratorio  Cosmob SpA
La progettazione e scelta dei materiali secondo i criteri di certicazione LEED
Fabio Betti – GreenProducts
Il portale dei materiali per l´edilizia certificata
M. Paolo Semprini . GreenProducts

Ore 17.00 Discussione e Chiusura dei lavori


Le due settimane di DOHA

E’ inziata il 26 novembre e si concluderà il 7 dicembre, la COP18, 18ma conferenza dei 195 Paesi membri della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (UNFCCC.int).

Dal 1992, anno della Conferenza sulla Terra di Rio de Janeiro, i Paesi del mondo hanno deciso di siglare un trattato internazionale, l’UNFCCC, per studiare insieme cosa fare per limitare l’aumento medio della temperatura globale, e i cambiamenti climatici che ne derivano, e per mettere in atto misure di adattamento alle inevitabili conseguenze. La convenzione è entrata in vigore il 21 marzo del 1994.

Durante la terza conferenza delle parti (COP) dell’UNFCCC, la COP3, tenutasi a Kyoto nel 1997, i Paesi hanno adottato il Protocollo di Kyoto, un patto vincolante che obbliga i Paesi più sviluppati a degli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti. Il primo periodo di applicazione del protocollo è iniziato nel 2008, e terminerà proprio quest’anno, al 31 dicembre 2012.

Alla COP17, tenutasi a Durban nel 2011, i Governi dei Paesi che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto, hanno deciso l’avvio di un secondo periodo di applicazione del Protocollo, dal 2013 in avanti, che potrà durare 5 oppure 8 anni.

Durante queste due settimane a DOHA, sono tre i lavori principali che dovranno essere portati avanti:

Protocollo di Kyoto. Nonostante la decisione di Durban di avviare una seconda fase del protocollo, basato su un meccanismo di mercato che consente di negoziare le emissioni, molti ostacoli continuano a limitarne l’efficacia, come ad esempio il fatto che US e Canada si sono sfilati dalla seconda fase, o per il fatto che i Paesi in via di sviluppo non paiono favorevoli a vederlo come un meccanismo che li conduca efficacemente alla riduzione delle loro (tante) emissioni, garantendo la crescita economica che li porti a un livello di reddito pro-capite assimilabile a quello dei Paesi più sviluppati.

Long term Cooperative Action (LCA), una discussione avviata a Bali nel 2007, alla ricerca di nuove modalità di cooperazione a lungo termine, che ha generato idee come il Green Climate Fund, o il Nationally Appropriate Mitigation Action (NAMA), oppure il New Market Mechanism (NMM) e più recentemente il Framework for Various Approaches (FVA). Tanti acronimi ma nulla di realmente ‘fattibile’ singolarmente, tant’è che l’attesa per DOHA è che queste iniziative vengano, se non archiviate, declassate ad approfondimenti tecnici.

Infine, quella che forse è la discussione più attesa a DOHA, ovvero la Durban Platform for Enhanced Action (e la relativa discussione ‘Ad hoc Working Group on Durban Platform for Enhanced Action’, ADP). La piattaforma è un accordo, non vincolante, che ogni Paese, indistintamente dalle sue condizioni di sviluppo economico, dichiari un obiettivo di riduzione delle emissioni. Nonostante, a differenza del Protocollo di Kyoto, non vi siano appunto obblighi e sanzioni, la piattaforma di Durban supera il concetto di ‘trattamento differenziato’ per Paesi più o meno sviluppati, e questo è di per sè un grande passo avanti. I tempi previsti, purtroppo, sono di raggiungere un accordo su queste basi entro il 2015, e ratificarlo entro il 2020. Questi tempi non sembrano compatibili con l’obiettivo di contenere il surriscaldamento globale entro i 2°C, come ripetutamente hanno fatto notare in diversi studi l’International Energy Agency, la World Bank, PWC e altri.

Riassumendo, i risultati minimi della conferenza di DOHA, dovrebbero essere:

  • consolidare la decisione di portare a chiusura e compimento il protocollo di Kyoto al 2020
  • terminare la discussione sull’LCA, spostandone le migliori componenti (Il Green Carbon Fund e il Technology Executive Committee) all’interno dell’ADP
  • definire un programma di lavoro chiaro per l’ADP, avendo come priorità la definizione di un nuovo impegno globale con l’ausilio di un mercato globale del carbonio

Il tutto in sole due settimane. Sicuramente i circa 10.000 delegati dei 195 Paesi non avranno di che annoiarsi.

Fonti: unfccc.int “DOHA Climate Change Conference”, David Hone “Expectations for COP18 in DOHA”, Carlo Carraro “AAA cercasi nuova architettura politica per il clima”.

 

 

 


Politiche verdi come fattore di sviluppo per l’Italia

Il sito del Ministero dell’Ambiente ha pubblicato la settimana scorsa il contributo del Ministro Clini al piano di sviluppo in fase di discussione al Governo.

Interessante notare l’ammissione di responsabilità (dovuta a conflitti di competenze tra i vari ministeri) nei ritardi che accompagnano l’Italia nel recepimento delle Direttive Europee, e viceversa, il riconoscimento dell’importanza di tali politiche per lo sviluppo dell’economia italiana. Speriamo che approfittando di questo periodo di governo tecnico si possano superare efficacemente impasse che durano da anni.

Il quadro riassunto nell’articolo di cui al link qui sotto, appare abbastanza completo, e conferma una linea di supporto allo sviluppo verde dell’economia che, se confermata, dovrebbe gradualmente farci recuperare terreno rispetto ad altri Paesi Europei che hanno saputo integrare tali driver già da qualche anno nella politiche di sviluppo economico o addirittura nelle procedure stesse di funzionamento dell’Amministrazione Pubblica.

http://www.minambiente.it/home_it/showitem.html?item=/documenti/comunicati/comunicato_0438.html&lang=it

 

 


UNECE – Green Economy Seminar

Il 4 aprile si è svolto presso il Palazzo delle Nazioni a Ginevra un seminario dedicato alla green economy e all’edilizia residenziale, durante il quale gli Stati membri dell’UNECE (United Nations Economic Commision for Europe – la Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite) hanno presentato progetti e casi studio sostenibili sotto il profilo energetico e ambientale. L’incontro ha preso in esame le migliori strategie per il risparmio energetico, gestione idrica e dei rifiuti, cambiamenti climatici in atto e prestazioni ambientali ottimali.

L’incontro si è inserito nell’ambito di discussione di una possibile convenzione quadro legata all’abitare sostenibile, per un processo diffuso di integrazione tra rinnovati sforzi ambientali, sociali ed economici in vista di Rio+20. L’area UNECE comprende Paesi con una forte diversità culturale e condizioni socioeconomiche e politiche disparate: le prospettive di sviluppo sostenibile dipendono fortemente dai cambiamenti negli stili di vita e nei modelli di consumo e produzione, che rispettino al tempo stesso i bisogni dei vari Paesi membri.

Oltre 70 gli Stati membri dell’UNECE che hanno partecipato all’incontro.

GBC Italia, rappresentata da una delegazione composta da Mauro Roglieri e Francesco Bedeschi, membri del Comitato Esecutivo, è intervenuta con una presentazione sull’efficacia dei sistemi di rating come motori per un cambiamento globale sostenibile. L’intervento è stato molto apprezzato dai delegati presenti e dagli stessi funzionari delle Nazioni Unite, suscitando molto interesse e partecipazione.

Accedi agli atti del seminario: UNECE – Greening Homes

Scarica la presentazione GBC Italia: how rating systems can drive the change

[Fonti: GBC Italia, UNECE, MR Energy]


Novità in arrivo per gli impianti ETS di dimensioni ridotte

Novità in arrivo per gli impianti Emissions Trading di dimensioni ridotte. Il Comitato per la Gestione dello schema Emissions Trading, coordinato dal Ministero dell’Ambiente, ha sottoposto in questi giorni alle associazioni di categoria una proposta di regolamentazione del cosiddetto ‘opt-out’, ovvero la possibilità per i piccoli emettitori di usufruire di un nuovo regime di gestione semplificata delle emissioni. L’opzione è prevista infatti dall’art.27 dalla Direttiva 2009/29/CE (aggiornamento della 2003/87/CE), che prevede per gli impianti che emettono meno di 25.000 tonnellate di CO2/anno, la possibilità di uscire dallo schema Emissions Trading se il Paese Membro mette a disposizione uno schema equivalente ma semplificato di gestione delle emissioni per tali impianti.

In Italia, stando ai dati relativi alle emissioni verificate per il 2011, come pubblicati da DG Clima, esistono circa 570 impianti, su un totale di 1.211 impianti appartenenti allo schema, che nel 2011 hanno riportato emissioni < 25.000 tonnellate. Le emissioni totali, sempre riferendoci al 2011, che andrebbero così gestite con il nuovo regime sarebbero circa 4,8Mton (milioni di tonnellate di CO2), su un totale verificato per il 2011 di circa 189Mton. Da queste cifre si capisce il senso dell’art.27, dato che il 47% degli impianti ETS in Italia è responsabile per il 3% delle emissioni. L’errore introdotto dalla gestione semplificata per tali impianti è quindi molto poco influente ai fini dell’efficacia dello schema nel suo complesso.


Propose surrender – Restituzione delle quote ETS e trend di mercato

Ultimi giorni per gli operatori di impianti soggetti alla normativa ETS per la restituzione ufficiale delle emissioni 2011 ai loro rispettivi organismi di controllo nazionali (nel nostro caso ISPRA-Minambiente). La scadenza ultima per la restituzione delle emissioni, ricordiamo, è il 30 Aprile.

Il mercato della CO2 rimane molto incerto, in quanto la crisi della produzione industriale negli utlimi anni (insieme all’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili) ha influenzato decisamente anche i volumi delle effettive emissioni degli impianti inclusi nel campo di applicazione della Direttiva 2003/87/CE e s.m.i. (vedasi grafico allegato: i dati preliminari sulle emissioni verificate nel 2012 e relative all’anno 2011 mostrano un calo medio del 12,5% rispetto al 2008 a livello EU 27, e del 14,4% per l’Italia), riducendo di fatto in media la domanda di acquisto di crediti a copertura degli obblighi di restituzione, e di conseguenza provocando la discesa dei prezzi degli EUA, oggi scambiati intorno a € 7,19 (EUA-08-12, Bluenext, 18/04/2012).

Le novità introdotte dal 2013, la non disponibilità di quote gratuite per tutti come nel periodo 2008-2012, non paiono avere ancora sortito gli effetti sperati dalla Commissione Europea di mantenere i prezzi a un livello che giustifichi investimenti in efficienza energetica. Difficile però pensare che le cose rimangano le stesse dal 2013, quando i principali emettitori, ovvero i produttori di energia elettrica, non avranno più quote assegnate gratuitamente, ma dovranno acquistarle tramite il meccanismo delle aste o sul mercato.

I prezzi attuali riflettono già le novità normative e le previsioni per il terzo periodo di applicazione del meccanismo? Il terzo periodo porterà a un miglioramento dell’efficacia? Inviateci i vostri commenti o contattateci per maggiori informazioni.

EU ETS verified_emissions_2011_en


Nuovo piano Nazionale per la riduzione delle emissioni al 2020

Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini ha presentato al Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) il Piano per la riduzione delle emissioni al 2020 per l’Italia, incardinato negli obblighi europei e nella strategia Ue al 2050.
Le misure, presentate in forma di delibera al Cipe e illustrate dal ministro nel corso della riunione del Mef a Roma, prevedono l’istituzione di un catalogo di tecnologie, sistemi e prodotti per decarbonizzare l’economia italiana; l’introduzione della carbon tax (risorse a potenziamento del Fondo per Kyoto); l’efficientamento energetico, la generazione distribuita e lo sviluppo di reti intelligenti per ‘smart cities’; l’eco-edilizia ed estensione fino al 2020 del credito di imposta (55%) per investimenti a bassa CO2 in economia; infine la gestione del patrimonio forestale sia come serbatoi di cattura della CO2 sia per la produzione di biomassa e biocombustibili.
Obiettivi, questi, “che si sposano con l’ innovazione tecnologica – ha spiegato Clini – con il cambio delle filiere di produzione e che, peraltro, mettono l’ economia europea in grado di competere con l’ economia degli Stati Uniti, dell’ India, della Cina e del Brasile, che stanno investendo tantissimo nelle nuove tecnologie a basso contenuto di carbonio”.
Le proposte rientrano nell’ ambito del Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e degli altri gas serra per il rispetto, da parte dell’ Italia, del pacchetto Ue clima energia (20-20-20).

[Fonte: Minambiente]

 

 


EU Climate Policy Tracker 2011: a rischio la decarbonizzazione entro il 2050

Bruxelles: uno studio pubblicato oggi da WWF ed Ecofys mette in guardia sull’effettiva capacità della politica energetica e climatica dell’Unione Europea di condurre quest’ultima alla decarbonizzazione entro il 2050.

Il Climate Policy Tracker 2011 (UE CPT – www.climatepolicytracker.eu), versione aggiornata e rivista dello studio 2010, rivela che, nonostante i miglioramenti attuati da nove Stati membri nel corso dell’ultimo anno, alcuni hanno raggiunto un punteggio peggiore di quello assegnatogli nel 2010. Inoltre la media generale rimane bassa: utilizzando una scala da A a G, dove G indica il valore più basso, il punteggio medio si attesta sul valore E.